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L'armistizio del '43 | 78 anni dal sacrificio degli equipaggi della Regia Marina

Pubblicato da: Categoria: CULTURA

8
SET
2021

Il tre settembre 1943 in gran segreto presso Cassibile fu sottoscritto l’armistizio dal generale Castellano per delega del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio e fu annunciato l’otto settembre prima dal generale americano D. Eisenhower tramite Radio Algeri e successivamente dal maresciallo d’Italia Badoglio al popolo italiano, diffuso sulla radio nazionale.

Da quel preciso momento inizia il dramma delle Forze Armate italiane completamente allo sbando e la tragedia che vide come protagonista la Forza Navale da Battaglia della Regia Marina al comando dell’ammiraglio Carlo Bergamini, comandante in Capo della Flotta da Battaglia imbarcato sulla nuova nave ammiraglia, la Regia Nave Roma.

 La flotta da battaglia era composta dalle migliori unità della regia marina e costituita da equipaggi addestrati con un alto senso dell’onore e totalmente immersi nelle tradizioni marinaresche.

In quel periodo le navi grigie anche se duramente sottoposte a continue azioni di guerra, prive di vernice sugli scafi, con molteplici difficoltà logistiche e di rifornimento, grazie alla lealtà e al grande senso del dovere dei loro comandanti erano pronte per ingaggiare l’ultimo scontro contro le forze Anglo Americane che si accingevano ad effettuare uno sbarco a Salerno.

Con questo spirito la sera del sette settembre,l’Ammiraglio Bergamini durante un colloquio a Roma con il Ministro della Marina Ammiraglio De Courten, affermò che le unità e gli equipaggi erano pronti a combattere il nemico e subito dopo si congedò per ritornare presso la sede di La Spezia in attesa di ordini.

 Alle 18,30 dell’otto settembre la radio nazionale annunciò l’armistizio firmato dall’Italia e l’ammiraglio Bergamini che era in attesa di ordini apprese la notizia, come un semplice cittadino e profondamente contrariato, immediatamente si rivolse telefonicamente a Supermarina apprendendo dagli ammiragli Sansonetti e De Courtenle modalità imposte dall’armistizio.

Non accettando l’idea di consegnare le navi al nemico nei porti stabiliti dagli alleati confermò la tesi precedentemente considerata e già predisposta con mezzi e modi per autoaffondare la flotta in mare aperto a ordini impartiti, salvaguardando gli equipaggi.

Nel corso della serata l’ammiraglio De Courten dopo un lungo colloquio convinse l’ammiraglio Bergamini a non autoaffondare la flotta ma di preservarla e trasferirla nel porto di La Maddalena dove avrebbe ricevuto nuovi ordini per la destinazione ultima, tutto questo al solo fine di garantire un futuro alla nazione, puntando sul senso del dovere e dell’obbedienza verso il Re e verso la Patria.

Da perfetto militare e “Obbedendo” agli  amari ordini ricevuti, il Comandante in Capo delle Forze da Battaglia convocò d’urgenza alle ore 22,00 una riunione con tutti i comandanti di unità a bordo della corazzata Vittorio Veneto, unica nave ancora attraccata in banchina,  comunicando gli ordini ricevuti dal ministro della Marina De Courten e l’immediata partenza  della squadra nelle prime ore della notte verso La Maddalena considerando la seria minaccia di attacchi aerei da parte delle forze tedesche divenute nemiche.

Alle 03,00 del 9 settembre con velocità 24 nodi la squadra navale esce dalla rada del porto di La Spezia assumendo rotta verso la Corsica per poi dirigersi verso l’Asinara e successivamente intraprendere la rotta di sicurezza verso le Bocche di Bonifacio.

Verso le 06.15 nelle vicinanze di Capo Corso l’Ottava Divisione proveniente da Genova si ricongiunse con la squadra navale e l’ammiraglio Bergamini ordinò a tutte le unità di disporsi in base all’ordine di marcia G.E.12 chiedendo via messaggio a Supermarina di predisporre una scorta aerea alla squadra navale in previsione di attacchi aerei e contemporaneamente allertò tutti i comandanti di unità.

La Forza Navale da Battaglia della Regia Marina era composta nel seguente modo:

7°Divisione -Incrociatori Eugenio di Savoia, Montecuccoli e Regolo al comando dell’Ammiraglio Oliva,

9°Divisione- Navi da battaglia,Roma,Italia e Vittorio Veneto al comando dell’Ammiraglio Accorretti,

8°Divisione-Incrociatori Duca degli Abruzzi,Garibaldi e Duca D’Aosta al comando dell’Ammiraglio Biancheri,

12°Squadriglia Cacciatorpediniere-Mitragliere,Fuciliere,Carabiniere e Velite al comando del CV.Marini,

14°Squadriglia Cacciatorpediniere- Legionario, Oriani, Artigliere ,Grecale al comando del CF. Baldo,

Torpediniera Libra al comando del C.C. Riccardi.

Dagli aeroporti italiani decollarono solo quattro Caccia Macchi 202 che non avvistarono mai la flotta in quanto le posizioni della flotta trasmesse ai piloti erano errate e ritornarono indietro.

Alle 08.40 si unirono alla squadra la Squadriglia Torpediniere Pegaso e si disposero in posizione di avanguardia, subito dopo l’ammiraglio Bergamini inviò un messaggio all’ammiraglio Brivonesi per predisporre l’attracco delle navi nel porto di La Maddalena e attendere la consegna dei successivi ordini inviati da Supermarina.

Un ricognitore tedesco, Junker 88 avvistò la flotta italiana e immediatamente informò il Comando generale della Luftwaffe, inviando coordinate e composizioni delle navi specificando la presenza delle tre navi da battaglia e immediatamente fu allertato la 3^Luftflott Bombardieri di base ad Istres in Francia.

 Presso la base tedesca erano presenti i nuovi bombardieri bimotori Dornier 217-K2, dotati di nuove bombea razzo planante la SD 1400X denominata Fritz X e la bomba HS293.

La bomba antinave SD 1400 X era dotata di una testata altamente perforante contenente 320 Kg. di alto esplosivo.

La parte posteriore era a forma di croce munita di spoiler, azionati attraverso ingranaggicomandati da una trasmittente installata nella cabina del puntatore il quale, attraverso l’uso di un Joystik, trasmetteva  radio impulsi alla centralina installata nell’interno della bomba.

Inoltre quando la bomba veniva sganciata da alta quota dalla coda usciva una scia luminosa che indicava al puntatore la corsa della bomba per guidarla sul bersaglio.

Intanto la Squadra navalealle ore 12.10 giunse in prossimità dei campi minati e il Comandante della flotta diede ordini alle unità di disporsi in linea di fila e fece decollare dalle corazzate gli aerei in dotazione per effettuare una ricognizione rapida.

Alle 14.11 a bordo della Corazzata Roma giunse un cifrato che fu comunicato all’ammiraglio Bergamini alle ore 14.37 informandolo che il porto di La Maddalena era stato conquistato da forze tedesche pertanto Supermarina ordinava a tutte le navi di dirigersi verso il porto di Bona.

Prontamente l’ammiraglio comunicò a tutte le unità di accostare ad un tempo di 180 gradi a sinistra in modo da evitare i campi minati vicini e assumere la successiva rotta di sicurezza per uscire dal golfo dell’Asinara per poi dirigersi rotta sud verso Bona.

 Durante la navigazione alle ore 15.15 fu avvistata una formazione di aerei tedeschi composta da oltre 11 velivoli, (erano ventotto aerei divisi in tre gruppi separati) fuimmediatamente ordinato l’allarme aereo ma non fu dato l’ordine di sparare in quanto gli aerei volavano ad una quota superiore a 5000 metri su un sito di 80 gradi, pertanto non potevano bombardare.

(L’ammiraglio Bergamini non era a conoscenza della nuova bomba tedesca a razzo planante pertanto si atteneva alle regole convenzionali di bombardamento su un sito di 60 gradi pertanto non fu definita come una azione offensiva).

Quando cadde la prima bomba a pochi metri dall’Incrociatore Attilio Regolo e la seconda bomba vicino alla poppa della Corazzata Italia fu dato l’ordine di aprire il fuoco alla massima elevazione e tutte le unità incominciarono a zig zagareper evitare le bombe.

Le antiaeree delle navi crearono un violento fuoco di sbarramento ma ciò nonostante alle 15.42 la Corazzata Roma fu colpita da una bomba Pc 1400-X lanciato da un aereo da una altezza di 5000 metri .

 La bomba colpì la corazzata a centro nave sul lato destro, precisamente fra le torri contraeree da 90mm. numero 9 e 11, perforando tutti i locali per poi fuoriuscire dalla chiglia, esplodendo in mare sotto l’unità.

La deflagrazione causò una grossa falla che causò l’allagamento dei locali macchina di poppa ed i locali caldaie e numerosi incendi che causarono il blocco delle eliche e la velocità scese a 16 nodi.

La possente corazzata si inclinò notevolmente sul lato destro e dalla plancia comando furono immediatamente impartiti gli ordini per contro bilanciare l’unità.

La Corazzata Roma si accingeva ad accostare per 60 gradi a sinistra quando un secondo aereo alle ore 15.52 sganciò la sua bomba planante sulla nave ammiraglia colpendola a centro prora sinistra perforando la corazza del ponte fra la torre trinata N°2 di grosso calibro (381mm.) e la torre trinata di medio calibro da 152 mm.

La corsa della bomba si fermò nei locali motrici di prora dove esplose causando subito dopo la deflagrazione dei depositi di munizioni della torre di medio calibro e la torre di grosso calibro.

La forte esplosione espulse dalla guida la torre trinata n°2 eruttando alte fiammate, vapore incandescente e fumo che raggiunse un’altezza di oltre 400 metri.

La Nave fu notevolmente sollevata dalla forte esplosione e ricadde in mare sbandando notevolmente sul lato sinistro.

A bordo la maggior parte del personale superstite presentava notevoli ustioni e con molta difficoltà e grazie all’aiuto dei commilitoni si diressero ordinatamente verso la poppa dell’unità.

Dalla plancia comando non pervenivano più ordini e segni di vita, l’Ufficiale più anziano di Stato Maggiore, tenente di Vascello Agostino Incisa della Rocchetta, profondamente ustionato, dopo aver constatato lo stato dell’unità, in qualità di ufficiale con il grado più elevato si recò a poppa dell’unità e diede l’ordine di abbandonare l’unità, dopo aver gridato "Viva L’Italia e Viva il Re".

In soccorso della nave ammiraglia ormai condannata a morte e avvolta da un fumo intenso si avvicinarono per prestare soccorso i Cacciatorpediniere Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere insieme all’Incrociatore Regolo e alle Torpediniere Pegaso ,Orsa e Impetuoso.

Alle 16.11 la Regia Nave Roma si capovolse e successivamente si spezzò in due tronconi che in pochi minuti scivolarono sul fondo del mare portandosi 1253 uomini e il comandante in Capo Ammiraglio Carlo Bergamini su 1849 uomini d’equipaggio.

Le navi inviate in soccorso raccolsero 622 naufraghi e molti di loro presentavano notevoli ustioni sul corpo e sul viso, altri erano completamente ustionati e furono medicati alla meglio.

Il mattino del 10 settembre le unità entrarono nel Porto spagnolo di Porto Mahon e dopo aver condotto i naufraghi nell’ospedale di Isola Plana le unità navali e gli equipaggi furono internati .

A poche miglia di distanza nelle acque delle bocche di Bonifacio i Cacciatorpediniere Antonio Da Noli e Ugolino Vivaldi, provenienti da Civitavecchia si apprestavano a raggiungere la squadra navale ma giunti in prossimità della costa ingaggiarono un violento scontro contro motosiluranti tedesche, appoggiate anche dal tiro  incrociato delle batterie costiere che avevano collimato i due Caccia italiani.

Colpite leggermente agli scafi i due caccia cercarono di disimpegnarsi velocemente fra i campi minati ma il Ct. Da Noli urtò una mina e affondò con il suo comandante e 228 marinai.

Il Ct. Vivaldi fortunatamente uscì indenne dai campi minati ma successivamente fu attaccato da aerei tedeschi e affondato, perirono 60 marinai.

Dopo questo immane sacrificio di vite umane, l’ammiraglio Romeo Oliva in qualità di ammiraglio più anziano assunse il comando della squadra navale italiana e dopo aver informato Supermarina degli eventi, obbedendo agli ultimi ordini ricevuti, fece rotta con la squadra navale verso Bona, seguendo il successivo e amaro destino.

Michele Fiorentino



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